Relitto Anna Bianca
Tipologia di immersione
- Ricreativa
- Tecnica
Il relitto dell’Anna Bianca oggi si trova ad una profondità compresa tra i 33 e i 52 metri adagiata su un fondale di sabbia bianca. La parte di poppa è ancora ben conservata, mentre la parte centrale della nave ormai è completamente distrutta. La prua si trova a circa 52 metri di profondità.
Il relitto è appoggiato sul fianco di dritta, su un fondale sabbioso a una quarantina di metri che degrada verso Ovest sino ad oltre cinquanta metri di profondità. Il relitto non è penetrabile in quanto le strutture sono collassate e colme di cavi elettrice e sagole. Nella cabina del comandante è facile scorgere enormi gronghi e grossi scorfani rossi.
Tra le lamiere contorte si incontrano facilmente grosse musdee e astici e intere colonie di gamberi.
Il relitto viene pedagnato prima dell’immersione e la discesa avviene sulla cima del pedagno.
Il nostro suggerimento è risalire lungo la parete, in modo da prolungare l’immersione e godersi la risalita sulla franata piena di vita.
La nave in origine si chiamava Vivien. Dopo il varo ebbe molti passaggi di proprietà e cambi di nome; Fridius, Carlin, Mariù, Tirana e infine acquistata da una compagnia italiana che la ribattezza Eminia. Durante la guerra, l’Italia ha disperatamente bisogno di tutto il naviglio mercantile possibile da utilizzare per il rifornimento delle truppe impegnate sulla cosiddetta “quarta sponda” – la Libia.La nave viene requisita e impiegata dalla Regia Marina per il trasporto di materiali e ricambi in zona di guerra.
Nel 1943, dopo l’armistizio dll’8 settembre, viene colata a picco ad opera dei tedeschi, nel porto di Bari, ma ovviamente la sua storia non è finita li! Si decide per il suo recupero, e per il piccolo cargo ricomincia la giostra di nomi e di passaggi di proprietà: prima Vandam, poi Argo e infine nel 1963 Anna Bianca. E si arriva alla tragica notte del 3 aprile 1971.
Secondo una leggenda isolana, infatti, la notte del naufragio il mare era calmo e il tempo sereno. La nave sarebbe stata affondata dal suo equipaggio per intascare il premio dell’assicurazione, evidentemente più alto del valore del piccolo battello. Subito dopo che l’Anna Bianca venne inghiottita dalle onde gli isolani trovarono una grande quantità di polvere bianca che galleggiava intorno all’isola. Droga! pensarono i più, e c’è chi tentò di recuperarne il più possibile.
La realtà sembra però essere meno losca. Testimoni oculari raccontano che quella notte di primavera c’era veramente un tempo da lupi. Tanto è vero che la nave, non riuscendo a manovrare, andò ad urtare contro gli scogli e rimase in balia delle onde per ore, dopo che l’equipaggio era riuscito a mettersi in salvo a riva. La storia della polvere bianca è però autentica, anche se quella che venne ritrovata a galleggiare la mattina seguente al naufragio, tra pezzi di legno ed altro ciarpame, era polvere di pietra pomice!