VERMOCANE, UN INVASIVO (NON ALIENO) IN FORTE ESPANSIONE
I rischi per la biodiversità e le precauzioni in caso di avvistamento
a cura di Filippo Bargelli
Il Vermocane (Hermodice carunculata) non è una specie aliena. La sua presenza nel Mediterraneo è infatti documentata da tempo, ma a fino a pochi anni fa era contenuta ed era limitata alle aree più meridionali e orientali del nostro mare. L’innalzamento della temperatura dell’acqua dovuto al riscaldamento climatico ha però consentito a questo invertebrato di espandere enormemente la sua presenza, creando non pochi problemi. Si alimenta infatti predando voracemente moltissimi degli organismi bentonici che caratterizzano i nostri fondali, mentre non ha a sua volta dei predatori che possano contenerlo, con un conseguente rischio per la biodiversità.
Per consentire agli studiosi di capire cosa sta accadendo è molto importante documentare e segnalare gli avvistamenti tramite la pagina Facebook “Monitoraggio Vermocane”.
CHI E’: BREVE RITRATTO DEL VERMOCANE
Il Vermocane appartiene a un gruppo di policheti (vermi marini) definiti “vermi di fuoco” a causa del forte bruciore che causano a contatto con la pelle. Sono infatti dotati di setole bianche (chete), ben visibili lungo tutto il corpo e fortemente urticanti. Il Vermocane utilizza il suo potere urticante sia per immobilizzare le prede, sia per difendersi da eventuali predatori.
Le dimensioni sono variabili e possono superare i 50 cm di lunghezza. Studi recenti hanno documentato un aumento della lunghezza che in alcuni casi può superare i 70 cm.
La riproduzione avviene di norma per via sessuale, con la produzione di gameti maschili e femminili che generano larve disperse nella corrente marina. Ma è possibile anche per frammentazione: se viene tagliato in due parti, ciascuna di esse è in grado di rigenerarsi e dare vita a un nuovo individuo!
Normalmente vive tra zero e 30 metri di profondità, su fondali rocciosi.
UN PREDATORE VORACE (ANCHE TROPPO)
L’alimentazione del Vermocane è il vero nocciolo del problema. Questo invertebrato è infatti in grado di predare facilmente una grande varietà di organismi marini, compresi quelli urticanti: stelle marine, coralli, gorgonie, anemoni, spugne, molluschi, crostacei, ricci e persino meduse. La sua voracità è quindi in grado di stravolgere o distruggere ampie aree di fondale, influenzando le popolazioni delle altre specie. Tutto questo, unito alla fortissima espansione, sia come numero di individui che come aree interessate, rappresenta una concreta minaccia alla biodiversità del Mediterraneo.
L’INVASIONE DEI VERMOCANI: UN SEGNO TANGIBILE DEL RISCALDAMENTO GLOBALE
Da pochi individui presenti nelle aree meridionali e orientali del bacino del Mediterraneo, i vermocani sono aumentati in modo spropositato in queste aree e recentemente hanno iniziato ad espandersi verso nord, fino ad arrivare sulle nostre coste tirreniche centro-settentrionali.
La tesi più accreditata per spiegare l’esplosione demografica di questa specie è collegata al riscaldamento globale. Si tratta infatti di una specie subtropicale-tropicale che oggi può vivere tranquillamente anche in zone che un tempo erano inaccessibili a causa delle temperature troppo basse.
La “conquista” del Mediterraneo da parte di questo invertebrato è poi facilitata dalla sostanziale assenza di predatori. I suoi predatori naturali sono infatti prevalentemente costituiti da alcuni pesci tipici dell’Atlantico. È stata osservata la predazione di vermocani da parte di granchi, ma probabilmente si tratta di predazione opportunista ai danni di individui debilitati.
Infine il Vermocane possiede una grande capacità di dispersione della larve che, trasportate dalla corrente, possono colonizzare ampie aree dove le condizioni ambientali sono adatte.
AIUTIAMO LA SCIENZA: SEGNALIAMO GLI AVVISTAMENTI!
La rapida evoluzione che sta interessando questa specie rende indispensabile il contributo di tutti noi subacquei per monitorare l’avanzata del vermocane, le sue abitudini e comportamenti. In particolare, è possibile segnalare gli avvistamenti con foto, data, profondità, luogo e possibilmente temperatura dell’acqua, tramite la pagina Facebook “Monitoraggio Vermocane” (https://www.facebook.com/MonitoraggioVermocane). Si tratta di un progetto di scienza partecipata (Cityzen Science) nato dalla collaborazione tra Università di Modena e Reggio Emilia, Università Politecnica delle Marche e la rete dei centri sub siciliani (SiREN).
È possibile anche compilare un questionario a questo indirizzo: https://docs.google.com/forms/d/1nupDL2UbOmuzlPmuM08EButbD27d_6R22FbllcwpHw4/viewform?allow_large_form&gxids=7628&edit_requested=true&fbclid=IwAR10Kluze_QuBM5H5BDyYD5z60deES7QK4_bBkCSsnFFvFr3osExh8UQB_A
SE LO CONOSCI… NON LO TOCCHI! COSA FARE IN CASO DI CONTATTO
Le setole (chete) del Vermocane, come già detto, sono fortemente urticanti per l’uomo. Se toccate, si conficcano nella pelle e rilasciano una tossina. Inoltre, soprattutto se è stimolato o stressato, il Vermocane può rilasciare le setole che si diffondono nell’acqua circostante e possono entrare in contatto con il subacqueo o con gli organismi marini. Per questo è fondamentale non toccare mai questi animali.
In caso di contatto accidentale è consigliabile non sfregare la zona punta, neanche se sotto un flusso d’acqua. Se si sfrega, le chete penetrate nella pelle si rompono, inducendo una risposta infiammatoria molto più forte. È opportuno invece rimuovere le setole, senza spezzare la punta, con delle pinzette o del nastro adesivo. In ogni caso è opportuno rivolgersi al medico che di norma consiglia l’utilizzo di pomate per le punture di insetti.
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FONTI E APPROFONDIMENTI:
– Pagina Facebook “Monitoraggio Vermocane” che raccoglie e pubblica le segnalazioni dei sub: https://www.facebook.com/MonitoraggioVermocane
– Articolo su Biopills: https://www.biopills.net/vermocane/
– Progetto Siren: https://www.progettosiren.it/vermocane
– RIGHI, S., PREVEDELLI, D., & SIMONINI, R. (2020). Ecology, distribution and expansion of a Mediterranean native invader, the fireworm Hermodice carunculata (Annelida). Mediterranean Marine Science, 21(3), 558-574. doi: https://doi.org/10.12681/mms.23117